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al testo di Stelvio Di Spigno
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Da "Formazione del bianco", Manni, Lecce 2007
È profondo il costernarsi del cielo quando a spargerlo è un moto sotterraneo di mani limpide e ossa devote, piene di ciò che non hanno da dare.
Così passa una famiglia di cirri, inglobando la propria lontananza, e nessuno sa capire perché tanto si innamori la pelle alla mano che la lacera, il sangue all’ago che lo fa suppurare.
Solo la piccola Noemi impara a dire perché la sera sia tanto celestiale anche il dolore che addenta la carne.
Camminavo per la Tuscolana, tra palazzi contorti di fatica, e pini trasecolati di vergogna; il colore dei miei occhi era il vuoto delle automobili in sosta nel temporale. Dovette aspettare che sparisse alla vista anche l’ultimo braccio pietrificato nei revolver puntati tra i lampioni il migrante che ero, per tornare a galleggiare nel mondo.
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